Descrizione

Giovanni Peli, La vita immaginata - 31 dicembre 2020

La vita immaginata descrive la condizione psicologica di uno stato d’eccezione che non è soltanto occasionale in un senso estrinseco – neanche fosse determinato da un mero incidente di percorso lungo il dispiegamento, altrimenti felice, di “sorti” sentite sempre ancora in quanto “progressive” –, ma, appunto, connesso in radice con un dramma essenzialmente politico, nel quale la scena (il mosaico testuale) dà figura alla fase risolutiva della favola antropica. Leggendo capita di percepire che il destino del singolo uomo non esista, giacché il destino di ciascuno di noi non è, in fondo, che l’avventuroso riflesso del cammino di una comunità, tra ordine (e dis-ordine) culturale e ordine naturale. Non si sa se come una speranza o una minaccia o, forse, tutt’e due, «nel mondo immobile della segregazione» si avverte l’incombenza sulla nostra vita del cosiddetto primato del politico. Che, tuttavia, Peli inscrive fra le pieghe sentimentali del suo discorso come un “fatto” che muove una più alta ansia di senso.
(Massimo Morasso, Postfazione)

Al sole le mani sulla pancia
è la tragica vacanza
fuori dall’angolo di calore
il gelo il silenzio intatto
come le ossa della comunità
da un circolare rumore d’auto
o da un sottile cinguettare
piccoli polmoni
è il gelo non condivisibile
gelo appuntito che fa i buchi grossi
alle colonne polmonari della primavera
la gente evade dal cortile
in cerca di un dopo
un tempo diverso e franto
~ ~ ~
Le estati roventi sono passate più fruttuose di quanto i morti avrebbero potuto mai immaginare, crescendo e perdendo sempre più la voce, come te, papà, ho sospettato che la gente se ne andasse via come passeri incalliti, per non perdere tempo con me, eppure nella solitudine ho trovato altre boccheggianti entità come prede volanti vicine al sole, tutta gente leggera, rispettosa del respiro, conforme, gente da richiamo. E mentre c’erano padri che castravano, con voce ferma (dicendo: mai vicino al sole!), tu, papà, quando avevi ancora voce piena e grossa da far sgranare gli occhi agli infanti, senza proferire parola, solo in un suono in fondo potenzialmente verbo di dio dalla caverna del petto allargato e peloso, naturalmente con piena volontà e controllo del respiro, dicevi muto: scegli il tuo sole e fanne ciò che vuoi
~ ~ ~
Sei cresciuto dieci anni
nell’ultima mezz’ora
ricordo la terrazza
ancora da fare
fragore di sole contro i piatti
gatti che sfrecciano
l’albero da tirare giù
prima che crolli la neve
ricordo il nostro futuro
ti lancio un pallone
non voltarti
all’estate che scoppia
l’allegra goccia del possibile

(Estratti da G.P., La vita immaginata)

Giovanni Peli è nato a Brescia nel 1978. La sua produzione spazia dalla poesia alla narrativa, dal cantautorato alla librettistica, alla letteratura per l’infanzia. Ha fondato Lamantica nel 2015 con la traduttrice Federica Cremaschi.

Foto di Mario Martinazzi