Descrizione

Massimo Morasso, Le Indie di Genova - giugno 2020

Così è successo che mi sono messo in testa di averle qui a Genova, le mie Indie, e ho “scelto” la mia città per un’esplorazione immobile, per tentare di mescolare i suoi spazi a quelli che mi porto indosso, piantati nel mio corpo: e in questo modo ho scelto di vagare anche nei tempi, nei miei come nei suoi, perché mi è sembrato impossibile frequentare gli uni senza essere interessato anche agli altri. Ne è nato un diario di viaggio, che poi è ciò che sto scrivendo in questo preciso momento, e che non ha nessun obiettivo, che io sappia, se non quello, forse, di incrociare in modo apparentemente caotico vite e destini, e di confondere paesaggi. Cioè a dire, di farmi rimbalzare come una trottola pensante da una storia all’altra e scendere nel mistero delle parole, per distillare un senso.

(Massimo Morasso)

Mi trovavo a gironzolare intorno alla chiesa dell’Assunta quando, alzando lo sguardo per via del subito frullo d’ali di un piccione a pochi metri da me, infastidito da un’auto, di cui, a motivo del fracasso generale e dell’apparentemente stocastica confusione di umani che si aggiravano a zigzag come formiche impazzite, non avevo avvertito la presenza, mi si parò davanti agli occhi, più o meno a cinque metri d’altezza, splendidamente incongrua e inattuale, una targa marmorea dedicata a Giordano Bruno. Io non so come, ma un attimo dopo, mentre me ne stavo lì in piedi col mento girato all’insù a leggere queste parole: «Nel VII anno del XX secolo contro gli agguati novelli dell’odio sacerdotale insidiante le conquiste sacre della ragione e della scienza il popolo di Sestri Ponente volle glorificata nel marmo la tragedia del pensiero rievocando la ribellione della filosofia al dogma» e poi, un poco sotto: «Nel dì anniversario del tuo martirio o frate Giordano Bruno che nella tenebra medioevale sfavillasti dal rogo con le carni con le ossa con lo spirito eroico», ebbi per così dire l’intuizione di ciò che adesso ho chiamato le Indie di Genova, ma che allora ancora non aveva un nome. Lo scopo di ogni mio viaggio fino a quel mattino era sempre stato un altro viaggio, ma in un preciso momento pieno di futuro fra i tanti che stavano passando puntualmente, rapidissimi, in ogni singolo luogo dell’orbe terracqueo, e, di conseguenza, va da sé, anche in quel crocevia periferico stracolmo di bipedi indaffarati e automobili sbuffanti, mentre io, sorpreso dalla gioia, mi avvoltolavo intorno alle parole piene di pathos che un gruppo di fratelli massoni avevano fatto incidere oltre un secolo prima su un marmo dozzinale in onore di Bruno, ho riconosciuto che una tautologia del genere (un altro viaggio come scopo di un viaggio) non avrebbe avuto più alcun senso per me.

(Estratto da M.M., Le Indie di Genova)

Massimo Morasso è nato a Genova nel 1964. Germanista di formazione, ha devoluto quasi interamente la sua vita alla letteratura. Nel 2001 ha scritto la “Carta per la Terra e per l’Uomo”, un documento di ecosofia declinato in tesi che è stato sottoscritto anche da cinque premi Nobel per la Letteratura. Ha pubblicato molti libri, fra i quali, in prosa, Il mondo senza Benjamin (Moretti & Vitali, 2014) e, in versi, L’opera in rosso (Passigli, 2016). Dopo Fantasmata (2017) e Kafkegaard (2018), Le Indie di Genova è il terzo capitolo di Unus Mundus, la pentalogia metanarrativa di taglio mito-autobiografico che sta dando alle stampe per Lamantica.

Foto di Mario Martinazzi